Omaggio a Morandi

03.2022

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"Morandi ha avuto un'incredibile comprensione della composizione e della luce, come dimostrato dal modo in cui giocava con gli oggetti e con i riflessi dei diversi materiali"

C’è pura poesia nelle nature morte di Giorgio Morandi. Sfuocati ed espressivi, mentre raffigurano oggetti di uso comune come bottiglie di vetro, brocche di porcellana, pentole e tazze, i dipinti fanno leva sull’atmosfera e sull’effetto di complicata meticolosità che hanno reso popolari le nature morte nei secoli XIX e XX. Anche se sono finiti sia i simboli della ricchezza tipica di quell’epoca – i frutti esotici provenienti da luoghi lontani, le argenterie costose, il cibo ricco e abbondante – che il simbolismo religioso e allegorico – teschi che ricordano la morte e fiori appassiti-, le nature morte di Morandi, infatti, sono sottili e meditative, piene di senso dell’attimo e più somiglianti alla grandiosità delle cattedrali, come ha scritto il critico Carlo Ludovico Ragghianti, che a semplici bottiglie vuote.

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Morandi ha prodotto paesaggi e nature morte – composizioni calme e libere, dipinte con toni tenui – ma è per i suoi studi di vasi disposti accuratamente che l’artista è maggiormente conosciuto. Sono apparsi sullo sfondo di un film di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni, in mostre accanto a opere di artisti contemporanei, come Luc Tuymans, e, dopo, due dipinti sono stati scelti da Barack Obama per alcune stanze private ​​della Casa Bianca. È un’eredità considerevole per un artista che ha lasciato raramente Bologna, la sua città natia, produceva solo una dozzina di quadri all’anno e doveva insegnare per mantenersi e riuscire a dipingere – ed è un’eredità che continua ancora oggi, a mezzo secolo dalla sua morte.

“Morandi ha avuto un’incredibile comprensione della composizione e della luce, come dimostrato dal modo in cui giocava con gli oggetti e con i riflessi dei diversi materiali”, afferma la designer e collaboratrice di Salvatori Elisa Ossino, spiegando la duratura attrattiva del solitario pittore italiano. “Ho tratto ispirazione dal suo lavoro per molto tempo. È così che ho avuto l’idea di creare un omaggio all’artista”.

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Lavorando a stretto contatto con Salvatori, la Ossino ha sviluppato una gamma di oggetti che traggono ispirazione dai dipinti di Morandi, realizzando la forma idiosincratica delle sue bottiglie in tre dimensioni. Ognuna realizzata con cura da una diversa pietra naturale – dalla tenue eleganza del Bianco Carrara al drammatico disegno del Cipollino, alla delicata craquelure di Rosa Perlino –, le sette bottiglie sono il risultato di ciò che la Ossino descrive come “un’indagine molto interessante sulle diverse trame del marmo”, che è culminata con la visita delle cave toscane di Pietrasanta con l’amministratore delegato Gabriele Salvatori.

“Non volevo creare un oggetto che avesse una funzione, come un vaso,” dice la Ossino. “Volevo realizzare una scultura che ritornasse alle forme semplici che hanno ispirato Morandi”. Queste forme, descritte nei racconti dello studio dell’artista, hanno gettato le basi per una collezione casuale di bottiglie che venivano trasformate, da oggetti senza pretese, a icone delle nature morte dell’artista. Morandi ha spiegato questa metamorfosi nel 1955, affermando che “non c’è nulla di più surreale e di più astratto della realtà” e l’omaggio della Ossino, tracciando il surreale e l’astratto in tre dimensioni, continua questo processo nella pietra.

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