La pietra rossa: suprema dimostrazione di bellezza

03.2022

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«La collezione dona nuova vita a frammenti di pietre preziose, che vengono uniti in modo da seguire la casualità del loro frantumarsi», spiega Lissoni

È stato un italiano che viveva in Francia il primo a imbattersi nelle brillanti cave di marmo rosso della regione di Languedoc, correva l’anno 1615. Lo scultore Stefano Sormano, nato a Roma, era stato incaricato dall’abate Jean d’Alibert, che presiedeva l’Abbazia di Caunes a cui apparteneva la proprietà, di rintracciare delle nuove riserve di pietra. Le cave, incastonate tra le colline color ocra della zona, erano usate fin dall’epoca romana, ma erano state abbandonate per anni.

Descritto nell’ottavo secolo dal monaco benedettino e intellettuale Raban Maur come un materiale composto da “schiuma e sangue misto”, una volta che ne furono riscoperti i profondi riflessi rubino, ritornò rapidamente in auge.
La pietra veniva usata frequentemente per modellare i caminetti e i mobili della Francia del XVIII secolo sotto Luigi XIV, che era innamorato della sua ombra brillante. Palazzi come il Grand Trianon di Versailles, costruito per Maria Antonietta, comprendono diversi caminetti scolpiti con questo marmo pregiato e numerose colonne che decorano la maestosa facciata del palazzo. E anche l’interno della Basilica di San Pietro, completato nel 1626, è rivestito con quella tonalità terracotta scura che si trova in mezzo alla decorazione barocca all’interno della navata della sacra chiesa.

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Venerata oggi come lo era nel Rinascimento, l’interpretazione Salvatori di questa ineguagliabile pietra sposa la sua ricca storia con il più raffinato design contemporaneo. Mettendo insieme il vecchio e il nuovo, nasce un rinnovato lusso.

La collezione “Lost Stones”, che Piero Lissoni ha lanciato di recente, esemplifica perfettamente questo sentimento. Partendo da resti dimenticati di quella pietra, i tavoli da bistrò René presentano, sulla superficie del marmo, delle crepe che sono state risigillate con lingue di oro scintillante. «La collezione dona nuova vita a frammenti di pietre preziose, che vengono uniti in modo da seguire la casualità del loro frantumarsi», spiega Lissoni. «Le cuciture dorate, lungo i bordi di ogni taglio, trasformano la forma imperfetta in uno stato perfetto.»

“Rouge du Roi”, il marmo rosso del re, proviene dalla regione francese di Languedoc ed è stato utilizzato per il suo vivido colore e la sua storia.

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«Volevo usare dei colori regali che trasmettessero il senso del grandioso, attraverso la sontuosità associata al marmo», spiega il designer Michael Anastassiades del suo tavolo da pranzo “Love Me, Love Me Not”, anch’esso scolpito in marmo “Rouge du Roi”. «Allo stesso tempo, non volevo sopraffare l’occhio e, quindi, era necessario trovare un equilibrio tra questa prodigalità e la funzionalità e la leggerezza dei tavoli.» Dunque, la sottile distesa dell’elegante tavolo è una conquista compositiva, apparentemente senza peso, di sontuosa pietra. Il bianco e rosso opaco del marmo sono l’outfit ideale per qualsiasi tipo di interno, sia che si tratti di uno spazio minimalista con pareti bianche o di una sala da pranzo riccamente decorata.

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Pezzi più piccoli, come la serie “Pietra L” di Piero Lissoni, fondono la storicità del marmo con il raffinato design di Lissoni. Portaombrelli, fermaporta, vassoi e altri oggetti, da oggetti banali e funzionali, si trasformano in pezzi caratteristici ed eleganti. Realizzati in marmo “Rosso Francia”, proveniente dalla Francia meridionale, gli oggetti conferiscono un tocco di vivace colore a qualsiasi composizione interna. Per un’ombra più morbida, la collezione di vasi “Omaggio a Morandi” di Elisa Ossino fa un uso eccezionale dei toni polverosi della pietra Rosso Collemandina, proveniente dal centro Italia.

Da quando, nel 17 ° secolo, ha riscoperto la cava per primo, Stefano Sormano ha continuato a promuovere i commerci tra l’Italia e la Francia, scambiando la pietra rossa con il brillante marmo bianco di Carrara trovato in Toscana, e questa è una connessione che esiste ancora oggi, com’è dimostrato dalla magistrale interpretazione di Salvatori su questo materiale senza paragoni.

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